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I benefici del controllo degli zuccheri

Agli inizi degli anni ’80 il professor Jenkins, dell’Università di Toronto, introdusse il concetto di “indice glicemico”. Si iniziava infatti a capire l’impatto che la glicemia, ovvero la concentrazione di zuccheri nel sangue, può avere sul nostro benessere, fisico e mentale. In altre parole, gli scienziati dimostrarono che il controllo degli zuccheri nel sangue rappresenta una strategia per stare bene, nell’immediato e nel lungo termine.

Perché è importante il controllo glicemico

Quando assumiamo un alimento contenente zuccheri, ad esempio una fetta di pane bianco, la concentrazione di glucosio presente nel circolo sanguigno, ovvero la glicemia, aumenta in pochi istanti. In risposta a questo scompenso, il pancreas rilascia insulina, l’ormone che ha il compito di immagazzinare lo zucchero in eccesso presente nel sangue. Viene così raggiunto un nuovo equilibrio glicemico. Questo meccanismo è del tutto naturale, e permette all’organismo di fare scorta di energia. Un pasto ricco in zuccheri occasionale, quindi, non crea problemi. Al contrario, consumare troppo spesso pasti ricchi in zuccheri provoca conseguenze non proprio gradite, che, a lungo andare, possono intaccare il nostro benessere.

La causa della “fame nervosa”

L’ipoglicemia reattiva è il primo effetto negativo di pasti troppo ricchi di carboidrati. Si verifica quando i livelli di zuccheri nel sangue, in risposta ad una loro eccessiva concentrazione, diventano troppo bassi. Un paradosso facile da spiegare. Più zuccheri arrivano nel sangue, innalzando la glicemia, più il pancreas è “propenso” a rilasciare insulina. Ciò avviene proprio per contrastare l’elevato livello di zuccheri nel sangue (iperglicemia), dannoso per tutto l’organismo. L’insulina, rilasciata in maggiori quantità, provoca, però, una forte riduzione della glicemia. La conseguenza? Di lì a pochi istanti si avvertirà una sensazione di “vuoto allo stomaco”. A seguire peggiorerà la capacità di concentrarci e avvertiremo la ben nota “fame nervosa” e un calo dell’efficienza mentale. Non solo: saremo indotti a ricercare alimenti ricchi di zuccheri per innalzare nuovamente la glicemia nel più breve tempo possibile. Solo in questo modo torneremo a sentirci appagati ed energici, a livello fisico e cognitivo. Il problema insorge quando scateniamo troppo spesso questa “altalena glicemica”. Senza saperlo alimentiamo un circolo vizioso: da un lato, nell’immediato, il nostro cervello lavora in modo peggiore, dall’altro il nostro corpo rischia di accumulare grasso in eccesso, perché, in risposta agli zuccheri, produce più insulina del necessario. Cali di energia e attacchi di fame, infatti, ci spingono a mangiare in maniera compulsiva; in altre parole ad abbuffarci.

Livelli glicemia

Controllare gli zuccheri: la chiave per il benessere

Un’alimentazione ricca in zuccheri – o comunque alimenti che forniscano questo nutriente in maniera rapida al corpo, come pane bianco e patatine – non è per nulla salutare. Riduce la sazietà e l’efficienza mentale, fa ingrassare più rapidamente e dimagrire con maggiore difficoltà. Quando l’insulina è presente con frequenza e in alte quantità nel circolo ematico, infatti, l’organismo non è più in grado di ossidare i grassi. Ciò che serve è un maggior equilibrio, che si raggiunge:
  • con il controllo degli zuccheri presenti nel piatto, quindi nel sangue;
  • attribuendo il giusto peso a ogni alimento;
  • senza eliminare nessuna componente nutrizionale.

Indice glicemico: impariamo a scegliere gli alimenti giusti

Per controllare gli zuccheri nel sangue è necessario sapere quali alimenti vadano favoriti e quali, invece, assumere di rado o in piccole proporzioni. Un alimento ricco in zuccheri non vale l’altro. Ciò che conta, prima di tutto, è la rapidità con cui rilascia gli zuccheri contenuti nel sangue, dopo averlo consumato. Esiste un parametro, una vera guida alla scelta degli alimenti, che si chiama indice glicemico e permette di classificare gli alimenti in base alla loro influenza sulla glicemia. Per costruire la scala degli indici glicemici il professor Jenkins assegnò al glucosio il valore più alto, l’indice 100, che corrisponde, non a caso, al 100% dell’assorbimento intestinale del glucosio ingerito. Più è alto l’indice glicemico di un alimento, maggiore sarà il suo impatto sulla glicemia. Lo zucchero bianco da cucina (saccarosio), per esempio, “vale” 100. Seguire un’alimentazione basata su alimenti a basso indice glicemico favorisce il controllo della glicemia. Contribuisce anche al dimagrimento, in quanto stimola la sazietà, riducendo l’apporto energetico e mantenendo una maggior calma glicemica, e dunque insulinemica. Indice glicemico - alcuni esempi
IG ALTO (≥ 70) Valore IG MEDIO (69-51) Valore IG BASSO (≤ 50) Valore
Glucosio 100 Gnocchi 69 Piselli 49
Patate al forno 88 Biscotti di pasta frolla 66 Ravioli 41
Patate fritte 78 Gelato 63 Mele 39
Miele 76 Riso bianco 60 Latte scremato 34
Pane bianco 73 Patate lesse 59 Yogurt bianco 19
Cioccolato 51 Verdure a foglia 15

L'importanza delle buone abitudini

L’indice glicemico non è il solo parametro che influisce sul controllo della glicemia. Ne esistono altri, che possiamo inserire facilmente nella nostra quotidianità:
  • Facciamo attenzione all’indice glicemico degli alimenti. Ciò che conta non è solo la quantità degli alimenti contenenti zuccheri, ma anche la qualità. Per semplificare, è possibile consumare in maggior quantità gli alimenti a minore indice glicemico, come ad esempio le verdure a foglia, e in quantità più contenuta gli alimenti ad alto indice glicemico, come ad esempio le patate.
  • Nei pasti pasto consumiamo gli alimenti nella giusta successione. La strategia più favorevole per controllare la glicemia è iniziare il pasto con alimenti ricchi in fibre, come le verdure (ottime quelle verdi a foglia, crude o cotte), condite con olio extravergine di oliva. Le fibre presenti in questi alimenti, infatti, rallentano l’aumento della glicemia. A seguire gli alimenti che forniscono proteine e, infine, carboidrati, come pasta o cereali. Un ulteriore consiglio è quello di sostituire alimenti a base di farine raffinate, come la 00, con quelli a base di farine integrali.
  • Negli spuntini abbinare i carboidrati con grassi buoni e alimenti magri fonte di proteine. Risulta vantaggioso, per esempio, consumare un paio di noci o un cubetto di parmigiano prima di un frutto. Chi vuole abbinare gusto e praticità può scegliere snack a ridotto contenuto di zuccheri e ricchi in proteine.
  • Interrompiamo la sedentarietà. Fare attività fisica favorisce un miglior controllo glicemico. Per chi svolge attività sedentarie, il primo suggerimento è quello di alzarsi ogni 30 minuti, stando semplicemente in piedi o, meglio, facendo qualche passo.
  • Pratichiamo attività aerobiche. Camminare, e più in generale tutte le attività a carattere aerobico, come pedalare, correre o nuotare, hanno un impatto positivo sulla glicemia. Allenano i muscoli a utilizzare il glucosio in circolo, e al tempo stesso li rendono più sensibili agli zuccheri. In questo modo riducono la risposta dell’insulina. Sarebbe dunque opportuno tenersi attivi ogni giorno. 2.500-2.700 passi sono il minimo. Meglio se riusciamo a farne da 7.000 a 10.000. Peraltro, muoversi dopo i pasti agevola ulteriormente l’equilibrio glicemico.
  • Dormiamo bene. Anche il sonno ha un impatto sulla gestione degli zuccheri nel sangue. Un sonno scarso in quantità (inferiore alle 6-7 ore per notte) e qualità può portare a una maggiore ricerca di alimenti ricchi in zuccheri. Ciò avviene perché dormire poco e male altera l’ equilibrio ormonale, compromettendo la capacità di consumare i grassi, e dunque di dimagrire.
  • Gestiamo lo stress quotidiano attraverso esercizi di mindfulness o pratiche di respirazione. Queste attività possono aiutare a mantenere sotto controllo i livelli di cortisolo, l’ “ormone dello stress”. Alti livelli di cortisolo favoriscono un maggior rilascio di zuccheri nel sangue e il conseguente circolo vizioso di ipoglicemia-fame nervosa.

Riassumendo:

  • Cerchiamo di mantenere costante la glicemia o, comunque, di evitare l’altalena glicemica, per sentirci più sazi e pieni di energia
  • L’indice glicemico di ogni alimento è un alleato prezioso per scegliere quelli più favorevoli
  • Un’alimentazione equilibrata e ricca di fibre è ideale per mantenere sotto controllo la quantità di zuccheri assunta
  • Iniziamo ogni pasto con verdure a foglia larga. A seguire, le fonti di proteine e quelle di carboidrati
  • L’attività aerobica, come camminare, correre, pedalare e nuotare, può aiutare nel controllo della glicemia. Idealmente dovremmo fare almeno 7000 passi al giorno
FONTE: https://www.enervit.com/it/i-benefici-del-controllo-degli-zuccheri

Mantenere il cervello in forma

Scopriamo come stile di vita e alimentazione supportano la nostra efficienza cognitiva

by Equipe Enervit Il cervello è il principale “centro direzionale” che coordina il corretto funzionamento di tutti i distretti corporei. Ecco perché l’adozione di strategie che ci aiutino a prevenire il decadimento cognitivo nel corso della vita è di fondamentale importanza. In questo senso, una corretta alimentazione, livelli ottimali di attività fisica e un sonno regolare possono rappresentare il fulcro di uno stile di vita positivo, a supporto dell’efficienza cognitiva.

Come si valuta l’efficienza cerebrale

L’efficienza del cervello è influenzata quotidianamente da molteplici variabili, sia endogene che esogene, che interagiscono tra di loro. La salute cerebrale può essere definita come “la capacità del cervello di funzionare in maniera ottimale, adattandosi agli stimoli ambientali”. Valutare le competenze nei campi “feeling-moving-thinking” può fornire una descrizione dettagliata della funzionalità cerebrale. La caratterizzazione della performance cognitiva richiede la valutazione di funzioni come la memoria episodica, l’attenzione e la velocità di elaborazione dei pensieri, e altre, come il vocabolario e la conoscenza dell’ambiente circostante. Anche la valutazione della capacità di provare emozioni risulta essere utile. Un’altra metodologia utilizzabile è il neuroimaging, che fornisce una vasta gamma di informazioni sull’anatomia cerebrale, utili a determinarne l’efficienza. Tra queste, le più rilevanti sono il volume della materia grigia e bianca, lo spessore della corteccia e la superficie cerebrale, che offrono un’indicazione affidabile del nostro stato cerebrale.

L’importanza dell’attività fisica

Buoni livelli di attività fisica sono spesso collegati ad un aumento dei volumi delle cortecce cerebrali, in particolare quelle prefrontali e dorsolaterali. Parte dei benefici dell’esercizio fisico deriva dal miglioramento dell’efficienza del sistema cardio-respiratorio, ovvero dalla sua capacità di fornire ossigeno e nutrienti ai tessuti di tutto l’organismo. In particolare, bastano 45-60 minuti di attività fisica quotidiana, sia di endurance che di resistance, ad intensità anche moderata, a fornire benefici per la funzionalità cerebrale. In secondo luogo, l'esercizio fisico promuove adattamenti neurali (ovvero dei neuroni, le principali cellule che compongono il sistema nervoso) e vascolari, che migliorano la funzione cognitiva. In particolare, tali adattamenti sembrano promuovere la neurogenesi (la formazione di nuove cellule neuronali), l'angiogenesi (la formazione di nuovi vasi sanguigni) e la plasticità sinaptica (cioè, la capacità dei neuroni di modificare le loro connessioni e funzionalità in risposta a nuove informazioni); inoltre, riducono i processi infiammatori e diminuiscono i danni correlati allo stress ossidativo.

Il ruolo fondamentale di uno stile alimentare positivo

Il cervello è un organo metabolicamente molto attivo, e assorbe una parte significativa del nostro dispendio energetico totale. L'alimentazione può influenzare sia l'architettura del cervello, sia il suo funzionamento. I modelli dietetici che promuovono la salute cerebrale includono la riduzione di alimenti come carne lavorata, carne rossa e cibi ad alto contenuto di zucchero, associati a più alti livelli di marker infiammatori. Un regime alimentare antinfiammatorio, come quello previsto dalla Dieta Zona, ricco di frutta e verdura, fonti di acidi grassi omega-3, cereali integrali, proteine vegetali e spezie come zenzero e curcuma, è associato a migliori prestazioni cognitive e ha effetti neuroprotettivi.

Omega-3

Gli acidi grassi polinsaturi omega-3, in particolare il DHA (acido docosaesanoico), sono una componente fondamentale della struttura cerebrale: preservano la fluidità delle membrane cellulari e influenzano l’attività dei neurotrasmettitori. Il cervello risulta dunque sensibile alle assunzioni, attraverso la dieta, di alimenti e/o integratori fonti di omega-3 EPA e DHA, che aiutano a preservare le funzioni cerebrali. L’integrazione con EPA (acido eicosaesaenoico) e DHA, è benefica, ben tollerata e a bassissimo rischio. Gli effetti benefici comprendono il miglioramento della reattività, dell'attenzione e delle prestazioni cognitive.

I polifenoli

I polifenoli sono preziosi micronutrienti di origine vegetale, presenti, ad esempio nella frutta (in particolare frutti di bosco e uva rossa), nel tè verde, nel cacao e nel caffè. Le loro proprietà antiossidanti danno origine ad un’azione sinergica a livello di:
  • protezione dei neuroni,
  • contrasto della neuroinfiammazione
  • supporto delle capacità mnemoniche, dell'apprendimento e della funzione cognitiva.
Recenti evidenze suggeriscono, inoltre, che i polifenoli possano contribuire a ridurre lo stress ossidativo e infiammatorio: in pratica sembrano promuovere la produzione di enzimi antiossidanti, fattori neurotrofici (che favoriscono la crescita dei neuroni) e proteine con funzione protettiva delle cellule. I flavonoidi del cacao, infine, attiverebbero vie di segnalazione che aumentano l'espressione di neurotrofine come il BDNF, cruciale per la crescita delle sinapsi (le connessioni funzionali tra due cellule nervose).

Sonno

Tra le molte funzioni cruciali svolte dal sonno risalta la rimozione delle scorie metaboliche dal cervello, attraverso il sistema linfatico, meccanismo fondamentale per il ripristino di una corretta funzionalità dei tessuti cerebrali. Dormire poco e male può compromettere le prestazioni cognitive, in particolare nei campi dell’attenzione e del controllo dell’esecuzione di gesti. Un sonno regolare, al contrario, promuove attivamente la stabilizzazione e l'integrazione della memoria, come dimostrato da numerosi studi.

Riassumendo:

  • Adotta una dieta ricca di nutrienti benefici per il cervello: integra nella tua dieta cibi ricchi di polifenoli come frutta di stagione, tè verde e cacao. Consuma pesce azzurro e altre fonti di omega-3 come semi di lino e noci, valutando il ricorso a integratori di Omega-3 EPA e DHA in caso di ridotto apporto o aumentato fabbisogno. Assumi alimenti ricchi di vitamine del gruppo B e acido folico, come verdure a foglia verde, legumi e cereali integrali.
  • Mantieni un regolare livello di attività fisica: dedica almeno 45-60 minuti al giorno a esercizi aerobici (come camminata veloce, corsa, bicicletta, nuoto) e di resistance (come esercizi con i pesi). L’attività fisica regolare aumenta il volume delle cortecce cerebrali, migliora la funzione cardio-respiratoria e riduce i processi infiammatori.
  • Assicurati di dormire a sufficienza: dormi 7-8 ore per notte. Crea una routine di sonno regolare, evitando l'uso di dispositivi elettronici almeno un’ora prima di andare a letto e creando un ambiente di riposo confortevole, fresco e buio. Il sonno regolare è fondamentale per il mantenimento delle funzioni cognitive ottimali.
  • Gestisci lo stress e mantieni un buon equilibrio emotivo: pratica tecniche di rilassamento come la meditazione, la respirazione profonda, lo yoga o il Tai Chi. Un buon equilibrio emotivo aiuta a mantenere alte le prestazioni cognitive, riducendo il rischio di depressione e ansia, che possono compromettere la funzionalità del cervello.
FONTE: https://www.enervit.com/it/mantenere-il-cervello-in-forma

Alimentazione vegetariana e sport:

Alimentazione vegetariana e sport:

cosa dice la Scienza.

  di Elena Casiraghi Scelte di vita fondate su motivazioni di tipo salutistico, etico ed ecologico hanno contribuito, negli ultimi anni, a una rapida diffusione dell’alimentazione plant-based. La scienza sta confermando in misura crescente i benefici della dieta vegetariana e di uno stile di vita attivo per la nostra forma fisica. In particolare, si riscontrano effetti positivi sul controllo del peso e della glicemia, e ancora sul benessere cardiaco e la pressione sanguigna. Ma eliminare la carne dalla propria tavola vuol dire anche contribuire alla sostenibilità ambientale. Gli allevamenti intensivi, infatti, hanno un notevole impatto sulla produzione di gas serra. Tutti questi vantaggi valgono ovviamente anche per chi pratica sport. A un patto, però: che si prevengano eventuali carenze nutrizionali che potrebbero manifestarsi a fronte di allenamenti intensi. Diventa in questo caso necessario adottare alcune accortezze.

I campioni green

Dieta vegetariana e sport è un’unione che, in generale, è priva di controindicazioni. A confermarlo, i sempre più numerosi atleti professionisti che hanno eliminato la carne dai proprio piatti. Tra i primi a farlo, negli anni ’90, Dave Scott, triatleta cinque volte campione del mondo IRONMAN™. In quel periodo anche la tennista Martina Navratilova divenne vegetariana. Era il 1993, anno in cui si aggiudicò il torneo di Wimbledon. Ancora prima di loro, Edwin Moses, che vinse due medaglie d’oro nei 400 ostacoli alle Olimpiadi: una a Montreal 1976, l’altra a Los Angeles 1984.  

Gli effetti della dieta vegetariana sulla performance

Diversi studi hanno analizzato le prestazioni di un atleta onnivoro e di uno vegetariano. A livello di massimo consumo di ossigeno, ad esempio, non sono state riscontrate significative differenze: in uno studio in cui a nove atlete è stato ridotto l’apporto di carne (<100 g/settimana), questo valore è rimasto pressoché invariato rispetto al gruppo di controllo (Synder et al. 1989). Addirittura alcuni studi hanno riscontrato valori superiori negli atleti vegetariani. Non sono state registrate sostanziali differenze neanche in parametri quali funzione immunitaria, forza muscolare e livelli ormonali. Un’ulteriore considerazione riguarda il glicogeno muscolare, nostro fondamentale “serbatoio di energia”. L’atleta vegetariano sembra spesso disporne in quantità superiori rispetto all’onnivoro, a causa del maggior apporto in carboidrati dovuto al tipo di alimentazione. Le principali fonti di proteine, escludendo i prodotti di origine animale, derivano infatti da fonti ricche in carboidrati, come ad esempio i legumi e i cereali, composti da circa il 60-80% di carboidrati. Questo aspetto va anzi monitorato, perché potrebbe tradursi in un surplus calorico, con conseguente aumento della massa grassa. VO2 max e alimentazione

A cosa fare attenzione

Apporto di proteine

Garantirsi un adeguato apporto di proteine è fondamentale. Non si dovrebbe scendere sotto la soglia consigliata di 1,2- 2 grammi di proteine per chilo corporeo al giorno. Apporto che varia a seconda della disciplina sportiva, delle masse muscolari, dell’età e della frequenza di allenamento, oltre che del periodo della stagione agonistica che si sta affrontando. Il periodo cosiddetto di costruzione, per esempio, richiederà una quantità maggiore di proteine rispetto a quello di transizione, che collega la fine della stagione agonistica precedente a quella in arrivo. L’atleta onnivoro, in questo caso, è facilitato. Può contare su una maggior disponibilità di alimenti ricchi in proteine. Al contrario il vegetariano deve prestare più attenzione. Non tutti gli alimenti vegetali fonti di proteine sostituiscono quelle animali assicurando gli stessi valori a livello di profilo aminoacidico. Se però associamo i legumi, per esempio, ai cereali in un rapporto 2:1, il loro mix riesce a fornire tutti gli elementi utili a costruire una nuove proteine "complete". Per chi consumi anche latte e uova, invece, il problema non si pone, in quanto albume d’uovo e siero del latte, sia in forma alimentare, che sotto forma di supplementi (polveri o barrette) offrono proteine di alto valore biologico. Esistono comunque prodotti proteici certificati anche per vegani.

Alto contenuto in fibre

La dieta vegetariana comporta un elevato consumo di legumi, cereali integrali e a chicco, noci e semi, verdura e frutta. Tutti alimenti con alto contenuto di fibre. Il loro impatto sul benessere globale è positivo, e stimolano anche una prima sazietà. Esiste un “però”. Il loro apporto va aumentato progressivamente. Solo così l’intestino potrà adattarsi. E potremo ridurre i potenziali disagi che un’alimentazione ricca in fibre potrebbe causare quando non ci siamo abituati. Tra questi, i principali sono gonfiore al basso addome, gas e stress intestinali, avvertiti in particolare durante l’attività sportiva. Nei giorni prima della competizione il consiglio, quindi, è di ridurre drasticamente gli alimenti sopra ricordati, fino a eliminarli, proprio in quanto ricchi di fibre e di alcuni zuccheri altamente fermentabili a livello intestinale. Alimenti vegetali

Ferro

É il minerale a cui deve prestare maggior attenzione chi esclude la carne dalla propria alimentazione. Quello presente negli alimenti di origine vegetale è infatti meno assimilabile dall’organismo. Por ottimizzarne l’assorbimento consigliamo di aggiungere succo di limone appena spremuto ai legumi e ai vegetali che sono ricchi di ferro, come ad esempio gli spinaci.

Calcio

Non sono state osservate importanti differenze tra uno stile nutrizionale vegetariano ed uno onnivoro. Dobbiamo però considerare che alcuni alimenti di origine vegetale contengono inibitori di questo minerale. Come gli ossalati, presenti negli spinaci. Al contrario, vegetali quali broccoli e cavolo riccio sono ottime fonti di calcio. Entrambi presentano anche una bassa concentrazione in ossalati. In ogni caso è bene ricordare che l'acqua è una delle fonti di calcio più biodisponibili. È fondamentale, infine, fare attenzione al sodio. Consumarne alti livelli potrebbe indurre una maggiore eliminazione del calcio per via renale.

Vitamina B12

Una sua carenza è frequente negli atleti che adottano uno stile alimentare basato su scelte vegetali. È ricco di questa vitamina l’uovo intero, che può essere consumato sia come fonte di proteine, che di vitamina B12.

Zinco

La carne – rossa, bianca e anche il pesce – è indubbiamente la fonte principale di questo minerale. Buone fonti di origine vegetale sono uova, legumi, soia e noci. Sostanze come gli ossalati, i fitati e i tanniti, presenti nei vegetali, potrebbero ridurre l’assorbimento di questo minerale, oltre che del ferro e del calcio.

Creatina

L’assunzione di creatina monoidrato può apportare benefici al benessere e alla performance. Ad affermarlo è la scienza. La creatina è naturalmente presente nella carne e nel pesce, essendo principalmente “immagazzinata” nel muscolo scheletrico. L’organismo ne produce in piccola parte, ma non riesce a far fronte al fabbisogno in caso di allenamento intenso e frequente. Diventa perciò fondamentale il ricorso agli alimenti che la contengano o ad una sua supplementazione in forma monoidrata. La creatina supporta il mantenimento dei parametri di tono e di forza e contribuisce a ridurre l’affaticamento. Di conseguenza, può favorire recuperi più rapidi ed efficaci tra le sessioni di allenamento.  

Seguire un’alimentazione vegetariana e praticare sport è possibile?

In definitiva, la dieta vegetariana è un regime alimentare che si presta anche alla pratica di un’attività sportiva di alto livello. I benefici, come abbiamo visto, sono diversi e importanti. È necessario, però, tenere conto delle carenze che potrebbero derivare da questo tipo di alimentazione. Il suggerimento è quello di rivolgersi a uno specialista dell’alimentazione. Con lui sarà possibile sviluppare un piano nutrizionale che tenga in considerazione il fabbisogno sia energetico, sia di macro e micronutrienti. In tal modo potremo capire come soddisfare ogni esigenza, abbinando gli alimenti in modo che possano offrire il loro massimo potenziale, a livello di benessere e di prestazione sportiva.

Riassumendo:

  • Un atleta può indubbiamente seguire una dieta vegetariana. Deve però fare attenzione a prevenire eventuali carenze nutrizionali, con particolare riguardo all’apporto proteico.
  • Un’alimentazione strettamente vegetariana può comportare bassi livelli di ferro, zinco, calcio, vitamina B12 e creatina. Strategici abbinamenti di alimenti e una corretta supplementazione possono contribuire a risolvere tali carenze.
  • Non tutti gli alimenti vegetali fonte di proteine sostituiscono quelle animali assicurando gli stessi valori. Come comportarsi? Accompagnando, per esempio, i legumi ai cereali in un rapporto 2:1. Insieme, forniscono tutti gli elementi utili a costruire nuove proteine.
  • Legumi, cereali integrali e a chicco, noci e semi, verdura e frutta sono ricchi in fibre. Nei giorni precedenti una competizione è consigliabile prima ridurli e poi eliminarli, per evitare disagi intestinali, in particolare negli sportivi che ne abbiano già sofferto in precedenza.
  FONTE: https://www.enervit.com/it/alimentazione-vegetariana-e-sport  

Colesterolo: impariamo a conoscere il nostro profilo lipidico

Quando si parla di livelli di colesterolo è credenza comune che, per il proprio benessere, vada ridotta al massimo l’assunzione di determinati alimenti “ricchi” di colesterolo. Ma è davvero così? Il colesterolo è un componente lipidico indispensabile per il corretto funzionamento del nostro organismo. È fondamentale, perciò, comprendere a fondo l’intero profilo lipidico, tenendo quindi conto di colesterolo LDL, HDL, VLDL, colesterolo totale e trigliceridi. Solo una valutazione accurata di questi parametri potrà orientarci verso le scelte più corrette.

Colesterolo: di cosa si tratta?

Il colesterolo è una molecola lipidica indispensabile per l’organismo, dato che svolge numerose funzioni che contribuiscono al nostro benessere. Partecipa attivamente alla produzione di alcuni ormoni e vitamine (ad esempio gli ormoni sessuali e la vitamina D), concorre alla sintesi degli acidi biliari (indispensabili per la digestione) ed è un costituente fondamentale della membrana cellulare, la struttura che ricopre ogni cellula del nostro corpo. Garantendo una fluidità adeguata della membrana e regolando la sua permeabilità, il colesterolo favorisce il corretto svolgimento delle funzioni di trasporto, distribuzione dei nutrienti e trasmissione dei segnali attraverso la membrana cellulare stessa. Tuttavia, il termine "colesterolo" si riferisce a una vasta gamma di composti lipidici: senza un'analisi approfondita dell’intero profilo lipidico, la sua interpretazione potrebbe risultare ambigua o addirittura priva di significato specifico.

Valutare e conoscere il profilo lipidico

Il colesterolo totale è dato dalla somma di VLDL, LDL, e HDL:
  • VLDL: lipoproteine a bassissima densità (Very Low Density Lipoprotein) coinvolte nel trasporto del colesterolo dal fegato verso i tessuti. Successivamente, attraverso processi metabolici, le VLDL subiscono modifiche che le trasformano in lipoproteine a densità intermedia (MDL o IDL) che, a loro volta, vengono rapidamente convertite in LDL.
  • LDL: lipoproteine a bassa densità (Low Density Lipoprotein), molto ricche di colesterolo; spesso sono, impropriamente, definite "colesterolo cattivo", in quanto, nel lungo periodo, loro livelli elevati possono dare origine a processi di ossidazione potenzialmente responsabili della formazione di placche nelle arterie.
  • HDL: lipoproteine ad alta densità (High Density Lipoprotein), definite “colesterolo buono” perché, come dei piccoli "spazzini", hanno il compito di captare il colesterolo in eccesso presente nel flusso ematico. Hanno, inoltre, una importante azione antinfiammatoria ed antiossidante, indispensabile per contrastare la possibile ossidazione delle LDL.
Nel flusso ematico sono inoltre presenti i Trigliceridi, la forma più comune di lipidi presenti nel corpo umano, vengono prevalentemente sintetizzati a partire dai grassi ingeriti con la dieta. I trigliceridi vengono trasportati nel sangue da lipoproteine, come i chilomicroni e le VLDL. Rappresentano la nostra “scorta” di grassi, perciò possiamo dire che una certa percentuale di depositi di grasso nel nostro corpo è del tutto fisiologica, ma non dovrebbe essere presente nel flusso sanguigno. Solo tramite una valutazione completa e dettagliata del profilo lipidico possiamo ricavare un quadro più approfondito del nostro “stato lipidico”. Tuttavia, per effettuare questa valutazione, è essenziale una corretta interpretazione di tutti i parametri che emergono dalle analisi del sangue, che solo il nostro medico di fiducia può fornirci.

Correlazione tra i livelli di colesterolo ematico e alimentazione quotidiana

Nel corso degli anni, si è diffusa l'idea che il consumo di alimenti naturalmente ricchi di colesterolo induca automaticamente un aumento dei livelli di colesterolo nel sangue. Ricerche recenti* hanno confutato tale convinzione, evidenziando come il loro impatto sui livelli di colesterolo endogeno, ovvero quello naturalmente prodotto dal nostro organismo, non sia così diretto. Proprio così, il nostro corpo produce naturalmente colesterolo a livello del fegato, attraverso un processo finemente regolato. Quindi, cibi che apportano colesterolo, come uova e crostacei, non devono sempre e comunque essere eliminati dalla nostra dieta. Capiamo il perché.

Il colesterolo endogeno: come e perché viene prodotto

Come già detto, il nostro corpo sintetizza naturalmente il colesterolo. In condizioni normali, un adulto ne produce circa 600-1000 mg al giorno (circa il 75% del totale presente nell'organismo). Tuttavia, la produzione di colesterolo è soggetta a notevole variabilità, ed è regolata con precisione attraverso un sistema a feedback negativo. Quando l'organismo rileva un aumento dell'assunzione di colesterolo dalla dieta, ne riduce la produzione endogena; allo stesso tempo ne aumenta l'eliminazione attraverso la bile. Viceversa, quando l'assunzione di colesterolo tramite la dieta diminuisce, l'organismo ne aumenta la produzione, per mantenere i livelli adeguati, indispensabili per le varie funzioni vitali. Questo sistema di regolazione agisce di fatto come un “controllore” che mantiene i livelli ottimali di colesterolo nel nostro corpo. Dobbiamo però ricordarci che vari fattori, come lo stile di vita e le abitudini alimentari, possono influire in maniera significativa sui processi metabolici alla base della produzione del colesterolo stesso. I fattori che conducono ad una aumentata sintesi di colesterolo endogeno sono:
  • Eccessivo consumo di grassi saturi (sia da fonti animali, che vegetali), presenti in alimenti come burro, carne rossa, carni grasse lavorate, formaggi grassi
  • Consumo di grassi trans, presenti in margarine, brioche, snack dolci, merendine confezionate, fast-food
  • Eccessivo consumo di carboidrati raffinati, zuccheri a rapido assorbimento e alcol
  • Sedentarietà
  • Ridotto consumo di fibre e vegetali
Possiamo subito notare che alimenti notoriamente ricchi di colesterolo, come le uova, non sono presenti tra i “fattori di rischio”. Al contrario, alimenti molto diffusi nella dieta quotidiana del mondo occidentale, come burro, carni grasse conservate e alcuni formaggi, tutte fonti di grassi saturi, andrebbero invece limitati. Ancora più interessante è la presenza tra i “cattivi” di alimenti che contengono poco colesterolo, o addirittura non ne contengono affatto, come molti alimenti ricchi di carboidrati e zuccheri. Si tratta, in particolare, di alimenti ad alto indice glicemico, che inducono repentini picchi glicemici e conseguenti picchi della produzione di insulina.

Insulina e colesterolo endogeno

I picchi glicemici, causati dal consumo eccessivo di alimenti ad alto indice glicemico, esercitano un'influenza significativa sul metabolismo del colesterolo. Questo meccanismo è attribuibile alla rapida secrezione di insulina, che oltre a stimolare l'accumulo di colesterolo nel fegato, favorisce la formazione di lipoproteine a bassa densità (LDL) e influenza negativamente i livelli di colesterolo HDL (il "colesterolo buono"). Tale interazione evidenzia l'importanza di una dieta bilanciata, che, a livello di carboidrati, privilegi quelli poco raffinati e a basso indice glicemico, come cereali integrali e verdure fresche di stagione (ricche di fibre) e circoscriva il consumo carboidrati ad alto indice a specifici momenti, come ad esempio a ridosso dell’attività sportiva.

Quali accorgimenti adottare per controllare i nostri livelli di colesterolo?

A livello dietetico, una alimentazione bilanciata in tutti i macronutrienti, atta a limitare picchi glicemici/insulinici, risulta estremamente efficace per il benessere generale. Un esempio è costituito dalla Dieta Zona, che promuove il consumo di proteine magre, legumi, cereali integrali a basso impatto glicemico, verdura e frutta. Fondamentale è anche la qualità dei grassi che consumiamo: dobbiamo senz’altro ridurre il consumo di grassi saturi (al di sotto del 10 % dei grassi totali), a favore di grassi insaturi come l’olio extra vergine d’oliva. All’interno della grande famiglia dei grassi insaturi, rivestono cruciale importanza gli acidi grassi omega-3, presenti naturalmente nei dei mari freddi, come salmone, tonno e sardine. Gli omega-3 sono noti per i loro molteplici benefici sulla salute: la loro assunzione, nell’ordine di 4 grammi/diem, è infatti in grado di modulare i livelli di trigliceridi nel sangue, contribuendo anche a mantenere una normale pressione arteriosa. Due fattori di rischio, meno evidenziati, ma che giocano un ruolo importante almeno quanto il colesterolo. Assicurarsi inoltre un buon pool di molecole antiossidanti, come vitamina C e polifenoli, può amplificare gli effetti “protettivi” degli omega-3, promuovendo il nostro benessere generale. Pertanto, possiamo dire che, più che, più che da specifici cibi particolarmente ricchi di colesterolo, il mantenimento del nostro benessere è influenzato, prima di tutto, dallo stile di vita e dalla nostra alimentazione.
Riassumendo, gli elementi da tenere ben presenti sono:
  • Importanza del colesterolo: Il colesterolo è una sostanza fondamentale per numerose funzioni vitali dell'organismo e non è sempre e comunque un “nemico”. Dobbiamo però valutare tutto il profilo lipidico (HDL, LDL, Colesterolo totale, Trigliceridi)
  • Sfatiamo le vecchie convinzioni: le fonti alimentari di colesterolo non vanno automaticamente considerate “pericolose” in quanto non sono necessariamente e direttamente responsabili dell’aumento del colesterolo ematico.
  • Dieta e stile di vita: sono loro gli attori principali del metabolismo del colesterolo. Un consumo eccessivo di grassi saturi e trans, così come elevati picchi insulinici abbinati alla sedentarietà, possono influenzare negativamente il benessere
  • Approccio preventivo: adottare una alimentazione bilanciata, limitare il consumo di alimenti trasformati e assicurarsi un apporto quotidiano di antiossidanti e omega-3 può contribuire a mantenere i fisiologici livelli di colesterolo e promuovere il mantenimento della funzione cardiovascolare
FONTE: https://www.enervit.com/it/colesterolo-impariamo-a-conoscere-il-nostro-profilo-lipidico

La creatina: effetti sulle prestazioni sportive

Nel vasto panorama dell’integrazione sportiva, la creatina spicca per la sua affidabilità e per i potenziali benefici sulle prestazioni atletiche. Rispetto ad altre molecole, il suo ruolo è riconosciuto da moltissimi studi, solidi e ben documentati. Presente in molte fonti naturali come la carne rossa e il pesce, tale composto è ormai ampiamente utilizzato dagli sportivi. Scopriamo come e perché la creatina venga attentamente considerata da trainer e nutrizionisti.

Cos'è la creatina?

La creatina è un composto naturale che il nostro corpo produce a partire da tre aminoacidi: argininaglicina metionina. Questi vengono combinati per formare la creatina tramite un processo di biosintesi che avviene principalmente nel fegato, ma anche in altri tessuti, come reni e pancreas.Tuttavia, è presente anche in alimenti come carne rossa e vari pesci. Pertanto, chi segua una dieta onnivora, la assume quotidianamente (ad esempio, 100 g di carne rossa ne contengono circa 0,5 g).Una volta sintetizzata internamente, o assunta attraverso il cibo, la creatina si accumula nei muscoli, sia sotto forma di creatina libera, che come fosfocreatina. Quest’ultima, come vedremo, rappresenta una “riserva” di energia per le cellule. Ecco perché possiamo dire che la creatina svolge un ruolo chiave nel nostro sistema energetico.

Il meccanismo di azione

Per poter comprendere il meccanismo d’azione della creatina, dobbiamo prima ricordare che durante un esercizio fisico ad alta intensità, come l'allenamento con i pesi o gli sprint, il muscolo necessita di energia “rapida”, ovvero di pronto utilizzo. La “moneta energetica” delle nostre cellule è rappresentata dall’ATP (adenosina trifosfato), una molecola ad alto potenziale energetico che, a seguito dell’esercizio fisico viene “ridotta” ad ADP (adenosindifosfato), a più basso potenziale energetico.Per sostenere, in particolare, sforzi fisici brevi e intensi, entra in gioco il sistema anaerobico, che non richiede l'utilizzo di ossigeno per la produzione di energia. Tuttavia, si tratta di un meccanismo “limitato”, poiché le riserve di ATP muscolari si esauriscono rapidamente, addirittura nel giro di pochi secondi. Assicurarci una “riserva di energia”, ovvero di ATP, può quindi rappresentare una strategia chiave per supportare le performance.

Come l’assunzione di creatina può fornire energia aggiuntiva

Quando assumiamo la creatina, il nostro corpo la utilizza per generare fosfocreatina: in pratica lega una molecola di creatina a un gruppo fosfato ad alta energia (quello “perso” nel passaggio da ATP ad ADP). La fosfocreatina ha la peculiarità di accumularsi nei muscoli, perciò può rappresentare una sorta di backup energetico di pronto utilizzo, in grado di donare il suo gruppo fosfato alle molecole di ADP. In questo modo il corpo è in grado di produrre rapidamente nuove molecole di ATP, che potranno quindi essere utilizzate a scopo energetico.

In quali sport può essere utile?

L'integrazione di creatina risulta indubbiamente utile nelle discipline sportive che richiedono sforzi esplosivi, ripetuti e di breve durata. Tra questi possiamo sicuramente citare il sollevamento pesi, in quanto la creatina può aumentare la capacità di lavoro muscolare durante gli allenamenti. Se ne avvantaggiano anche le discipline sportive che includono esercizi di sprint e gli sport intermittenti, come calcio, tennis, basket e rugby. I velocisti possono trarre vantaggio dall'uso di creatina per migliorare esplosività ed accelerazione, e per sostenere più a lungo l’attività di altissima intensità. Risulta quindi funzionale nell’atletica leggera, in particolare nelle discipline di breve durata o per quelle che prevedono più prove nel corso della gara (come i salti, in alto e in lungo) ed anche nel ciclismo su pista. Negli sport di squadra la creatina può inoltre aiutare a recuperare durante i momenti di rest (pausa).

E negli sport di resistenza?

Gli effetti positivi della creatina sulle prestazioni generalmente diminuiscono all'aumentare della durata dell'esercizio. Negli sport di resistenza, l’approvvigionamento energetico è supportato prevalentemente dal sistema aerobico, che richiede l'utilizzo di ossigeno per produrre energia. Durante l'esercizio aerobico prolungato, il corpo utilizza infatti glucosio e acidi grassi come substrati energetici principali. Nell’endurance prolungato, pertanto, i vantaggi risultano meno evidenti. Alcuni studi hanno però fatto ritenere che la creatina favorirebbe una gestione più efficiente del glicogeno muscolare. Tuttavia, dobbiamo ricordare che la ricerca scientifica in questo campo è ancora in corso.

Non solo sport

Se il ruolo della creatina nello sport è ormai ben documentato, altre ricerche hanno suggerito possibili benefici cognitivi: in pratica la creatina agirebbe come nootropo (dal greco antico: sostanza che “ti cambia la mente”), a sostegno di funzioni come memoria, attenzione e concentrazione. Anche in questo caso è bene precisare che gli studi scientifici a supporto di tali ipotesi non possono considerarsi conclusivi.
Riassumendo:
  • La creatina è considerata uno degli integratori più affidabili e ben studiati nel panorama dell'integrazione sportiva, con potenziali benefici in varie discipline
  • Il suo ruolo principale è quello di fornire una riserva di energia rapida ai muscoli durante sforzi fisici intensi: risulta quindi funzionale in sport come il sollevamento pesi, gli sprint, il calcio, il tennis e il rugby
  • Sebbene la creatina possa favorire un più efficiente utilizzo del glicogeno muscolare e velocizzare la sua risintesi nel post-allenamento, i suoi effetti positivi tendono a diminuire con la durata dell'esercizio

FONTE: https://www.enervit.com/it/la-creatina-effetti-sulle-prestazioni-sportive

Sci di fondo: linee guida per alimentazione e integrazione

Nel mondo dello sci di fondo la competizione ad ogni livello richiede solidi fondamenti in termini di forza, tecnica e capacità di resistenza alla fatica psicofisica. Allenare questi tre pilastri è quindi essenziale per affrontare al meglio le competizioni. Inoltre, per raggiungere il massimo rendimento, un altro aspetto da non trascurare mai è quello relativo alla alimentazione ed integrazione. La nutrizione può, a tutti gli effetti, fare la differenza, sia in allenamento che in gara, soprattutto quando l’obiettivo non è puramente ricreativo. Per impostare la nostra preparazione, dovremo prima di tutto selezionare gli appuntamenti di nostro primario interesse, al fine di conseguire la massima forma fisica proprio in corrispondenza con questi eventi (il picco difficilmente dura per tutta la stagione agonistica).

Come prepararsi al meglio

Generalmente si è soliti suddividere la stagione in tre momenti:
  • off-season
  • pre-season
  • stagione agonistica. 

Off-season

L’off-season è la prima parte della stagione, quella in cui “gettiamo le basi”: per chi pratica sport invernali coincide spesso con il periodo estivo, quando praticare lo sci è climaticamente impossibile. Ogni fondista prevede nella propria routine allenamenti in discipline complementari, spesso anche molto diverse, in termini di gesto atletico, da quanto previsto per lo sci di fondo (ad esempio corsa su strada o in bici). Del resto, molti atleti di alto livello non si limitano ad allenarsi in altri sport, ma si cimentano anche in competizioni... spesso ottenendo buoni risultati! Un’altra componente essenziale riguarda il potenziamento muscolare: come in tutte le discipline “cicliche” che prevedono gesti atletici ripetitivi e prolungati nel tempo, l’apparato muscolo-articolare non è collegato solo al miglioramento delle performance, ma riduce drasticamente il rischio di infortuni da sovraccarico. La definizione del numero di sedute di potenziamento è estremamente soggettiva: sarà il trainer a valutare il carico di allenamento aspecifico (che in alcuni casi potrà essere mantenuto anche nella stagione agonistica), in base alle ore settimanali disponibili e alle metodologie scelte

Pre-season

Nel pre-season si torna sulla neve. La ripresa dell’attività deve essere graduale: il periodo di transizione è infatti delicato e possono presentarsi i classici infortuni da sovraccarico (come tendiniti e dolori articolari), tipici del brusco aumento delle ore di allenamento, con movimenti cui non si è più abituati. Una volta superato questo “ostacolo”, si “entra” nel vero e proprio periodo agonistico.

Stagione agonistica

Raramente questa fase prevede grandi stravolgimenti, soprattutto se si sono poste buone basi nel periodo di preparazione. Questo è il momento in cui dobbiamo dedicarci ad affinare la tecnica in base alla tipologia delle competizioni che abbiamo deciso di affrontare (orario di gara, qualità della neve, distanza, stile)

L’alimentazione nel corso della stagione

Come nell'allenamento, anche la pianificazione nutrizionale durante la stagione segue una periodizzazione. Durante l’off-season, quando ci concentriamo sulla costruzione sia di una buona base aerobica, che della massa muscolare, dobbiamo ricercare un apporto bilanciato tra tutti i macronutrienti:
  • i carboidrati rappresentano il carburante per supportare gli allenamenti;
  • le proteine costituiscono i mattoni per la costruzione e il recupero muscolare;
  • i grassi vanno a “completare” l’introito energetico prestabilito, oltre a partecipare a molti altri processi spesso sconosciuti ai più (come l’assorbimento delle vitamine liposolubili, la “riparazione” delle membrane cellulari che riduce la risposta infiammatoria all’elevato carico allenante e altri ancora).
Nel complesso il regime alimentare consigliato è assimilabile alla Dieta Zona (che fornisce circa il 40% delle calorie dai carboidrati, il 30% dalle proteine e circa il 30% dai grassi), con alcuni accorgimenti, soprattutto dal punto di vista energetico, nelle giornate in cui si prevedono carichi importanti di allenamento. In questa parte della stagione dovremo valutare la composizione chimica dei vari alimenti e gli effetti che questi hanno sull'organismo umano. È questo il caso delle proteine: la scelta delle diverse fonti proteiche può influire sul loro apporto dietetico (ad esempio, chi preferisca fonti proteiche vegetali, dovrebbe assumerne circa il 20% in più rispetto alle fonti di origine animale, o in alternativa valutare il ricorso ad una integrazione aminoacidica mirata). Durante questa fase non dimentichiamoci anche di variare la nostra dieta, ampliando il “parco alimenti” che spesso, durante la stagione agonistica, risulta, per forza di cose, “ristretto”. Nella “stagione specifica”, che comprende sia il pre-season che la vera e propria stagione di gare, la dieta sarà più “limitata”, non tanto da un punto di vista energetico, bensì dal punto di vista degli alimenti.  Durante il periodo delle competizioni gli atleti tendono a scegliere sempre gli stessi cibi: non si tratta di una “preclusione” nei confronti di determinati alimenti, ma piuttosto di una scelta accurata di quelli che si rivelano più funzionali alla competizione. A parità di introito calorico, la percentuale di calorie proveniente dai carboidrati aumenta, a discapito di proteine e grassi: si tratta quindi di una dieta un po’ “sbilanciata”, che risulta indispensabile per poter sostenere allenamenti e gare ad alta intensità.

Esigenze nutrizionali specifiche degli sport invernali

L’allenamento in condizioni climatiche avverse comporta stress ambientale e sfide metaboliche, che implicano un adeguamento del regime dietetico. Sarà infatti indispensabile considerare:
  • Altitudine: l’esercizio fisico in quota comporta un aumento del dispendio energetico, del tasso metabolico e può indurre una riduzione dell’appetito. Mantenere buoni livelli energetici, aumentando l’apporto di carboidrati, è quindi indispensabile. Non essendo possibile quantificare in modo oggettivo l’incremento del dispendio glucidico (ed il relativo surplus necessario), una pratica utile per evitare deficit energetici è quella tenere sotto controllo il peso corporeo.
  • Livelli di ferro ematico: chi pratichi sport in alta quota deve far attenzione ai valori ematici di questo minerale. Il ridotto contenuto di ossigeno dell’aria in altura stimola naturalmente il corpo ad aumentare il numero dei globuli rossi; tuttavia per fare ciò è necessaria una buona disponibilità di ferro.
  • Freddo: per via della termoregolazione, le basse temperature aumentano il dispendio energetico e quindi la spesa energetica dell’organismo. Durante esercizio fisico in climi freddi, gli atleti possono perdere fino al 3-8% del loro peso: evitare cronici deficit energetici è quindi fondamentale. È importante, infine, porre attenzione all’idratazione (il freddo riduce lo stimolo della sete), così come monitorare il sonno e la funzionalità immunitaria.
Tra tutti gli sport invernali, lo sci di fondo comporta il più alto dispendio energetico. Uno studio sul consumo calorico dei fondisti ha indicato mediamente un dispendio tra le 3609 e le 4838 kcal/giorno nelle le donne e tra le 6070 e le 8341 kcal/giorno negli uomini*.

La dieta quotidiana nella stagione agonistica

Carboidrati

Il fattore limitante per uno sciatore di fondo è sicuramente il glicogeno: le riserve di glicogeno diminuiscono infatti del 30-40% durante una gara di 10-15 km, fino ad esaurirsi quasi completamente quando la gara dura 50 o più km. Il rifornimento di carboidrati risulta quindi indispensabile, ed il fabbisogno giornaliero generalmente consigliato è tra i 6 ed i 10 g/kg di peso corporeo.

Proteine

Per tutti gli sport di endurance viene consigliato una assunzione compresa tra gli 1,5 - 2 g/kg di peso corporeo al giorno, per limitare la possibile perdita di massa magra e favorire il giusto recupero tra le gare e gli allenamenti. Il valore ottimale può variare in funzione del valore biologico delle proteine introdotte (tale valore è massimo nelle proteine provenienti da carni magre, pesce, siero del latte, e uova).

Grassi

L’assunzione di grassi può variare dal 20 al 40% dell’intake calorico totale giornaliero. La scelta della percentuale corretta varia in funzione dell’introito glucidico giornaliero (che a sua volta è dettato dal periodo agonistico). Da non dimenticare gli acidi grassi essenziali omega-3, che, se associati ai corretti esercizi fisici, possono possono contribuire alla prevenzione di eventuali sovraccarichi muscolari o articolari. Non sottovalutiamo infine i micronutrienti, in particolare il già citato ferro e la vitamina D. La supplementazione di vitamina D è utile soprattutto durante il periodo invernale, quando l’esposizione al sole diminuisce notevolmente. FONTE: https://www.enervit.com/it/sci-di-fondo-alimentazione-e-integrazione

La nutrizione dei Pro

Il dietro le quinte di UAE Team Emirates con Gorka Prieto!

Condizioni di gara sempre diverse, dal caldo soffocante al freddo delle montagne, ore e ore sui pedali, con un dispendio energetico che varia dalle 2000 alle 6000 calorie al giorno, a seconda del tipo di tappa, pianeggiante o di alta montagna. Dal nutrizionista al dietologo, dal preparatore atletico al cuoco, dietro un ciclista World Tour che corre una lunga corsa a tappe, c’è una squadra di professionisti che lavora al suo fianco. Perché il ciclismo di oggi è cambiato. Assieme ai materiali si è evoluta anche la strategia nutrizionale. Prima, durante, dopo ogni gara

Come si nutre un Pro?

Ne parliamo con Gorka Prieto-Bellver, nutrizionista di UAE Team Emirates, che ci ha raccontato come la strategia nutrizionale per un professionista World Tour sia la chiave per sostenere un dispendio energetico importante, ma anche per favorire un adeguato recupero.

Quando hai cominciato a lavorare come nutrizionista nello sport?

"Ho iniziato dieci anni fa, subito dopo la laurea. Dopo una prima esperienza in una squadra di calcio, il mio vero esordio professionale è avvenuto in una squadra Continental dei Paesi Baschi, mio paese di origine, dove il ciclismo è molto sentito. Poi l’approdo nel World Tour, con UAE Team Emirates."

La nutrizione è fondamentale nel ciclismo e sempre più squadre sono strutturate con figure professionali dedicate. Raccontaci la tua giornata tipo!

"Diciamo che ho due “giornate tipo”: -    quando sono a casa e devo preparare il piano alimentare per la squadra, che gareggia simultaneamente in diverse parti del mondo.  -    quando sono al seguito di un grande giro.  In ogni caso, ho un rapporto quotidiano con ogni corridore. Monitoro il suo peso e il suo stato di forma e mi confronto costantemente con i preparatori atletici per capire se ci siano aspetti rilevanti da tenere in considerazione, così da elaborare il piano nutrizionale più giusto in quel dato momento. Da qualche anno comunichiamo in tempo reale con gli atleti tramite un’app dedicata al coaching online, che ci permette di seguire quotidianamente l’atleta e caricare il piano di allenamento a lui dedicato. Il piano nutrizionale per l’allenamento varia di settimana in settimana, e lo elaboro in base all’obiettivo da raggiungere: perdere peso, rimanere stabile oppure allenare lo stomaco. In gara, invece, invio tutte le informazioni ai cuochi della squadra e cambia in funzione della tappa. Tutto viene calibrato, a partire dalla colazione. Conosciamo l’apporto di carboidrati, proteine e grassi di ogni singola ricetta. Lavorando a diretto contatto con gli chef del Team, posso sempre raccogliere e condividere con loro i feedback degli atleti."

Capita che un corridore chieda di cambiare un alimento rispetto ad un altro?

"Sì a volte succede e noi cerchiamo sempre di accontentare tutti. A tavola mettiamo a disposizione diverse tipologie di carboidrati e proteine. Io identifico il target da raggiungere e gli chef si muovono entro quel perimetro, tenendo conto dei gusti degli atleti."

È vero che si mangia anche all’arrivo?

"Confermo: con i cuochi prepariamo anche degli alimenti solidi da portare sul bus per il post gara. Prima della corsa, invece, dipende dalle condizioni climatiche: se la temperatura è troppo elevata, cerchiamo di evitare qualsiasi cibo in forma solida."

La colazione varia in funzione della tappa?

"Sì, in base alle tabelle nutrizionali e alle previsioni, indichiamo ad ogni corridore come comportarsi. Le circostanze di gara possono influire moltissimo, ma cerchiamo di soddisfare anche il palato. Oggi a colazione si può scegliere tra porridge, pancake e pane: è finito il “dominio” del riso bianco cui erano abituati i corridori di 15 anni fa."

Di recente hai suggerito di mangiare una barretta energetica con una buona quota proteica poco prima della partenza di una gara. Ci spieghi perché?

"Bisogna tenere in considerazione che la colazione si fa alcune ore prima della partenza; quindi, avvicinandosi alla partenza abbiamo bisogno di integrare l’apporto di proteine per arrivare ai 2 g per kg, la quota ideale per non perdere tono muscolare in gara. Non è richiesta una quantità elevata, nè serve per la performance (per quella ci sono i carboidrati, ndr), basta uno snack fonte di proteine."

Esistono differenze nei piani di integrazione di una corsa a tappe rispetto a una corsa in linea di un giorno?

"Non è tanto il tipo di gara a fare la differenza quanto il percorso. Molta salita comporta un dispendio di energie completamente diverso da una gara prevalentemente pianeggiante: in pianura il “risparmio” energetico può arrivare fino al 30%, perciò si mangia meno.  Diciamo che le soluzioni di integrazione sono le stesse. Cambia la strategia del post gara. In una corsa a tappe e soprattutto nei grandi giri, l’obiettivo è far recuperare il corridore il più presto possibile, in vista della tappa successiva. Un fattore importante è il peso. Per questo dobbiamo essere sempre molto precisi."

Come fanno i professionisti a ricordarsi cosa e quanto mangiare in gara? Via radio? A memoria o con altri “espedienti”?

"Lo sanno bene, sono bravi e molto precisi nel timing: sono consapevoli che se non si integrano possono incappare in una crisi. Ma se capita un momento di distrazione, ci pensa il DS a ricordarglielo."

Ogni quanto tempo si alimentano in gara?

"Dalla partenza, ogni 15 minuti. I ragazzi sanno che devono assumere la quota di carboidrati stabilita per ora. Inoltre, lungo i tratti di gara ci sono i massaggiatori con le musette, e si può sempre contare sul rifornimento in corsa delle ammiraglie."

L'integrazione in gara cambia con l'aumento delle temperature?

"Molto. Sia in termini di liquidi assunti ogni ora, che di sali da reintegrare. Spesso, col caldo, a fine tappa tanti corridori appaiono sembrano “imbiancati”, perchè sono ricoperti da cristalli di sale. In questo caso si reintegra più sodio. In una giornata calda servono più borracce rispetto a quando fa freddo. La quantità di carboidrati da assumere, invece, dipende sempre dal tipo di percorso. Una volta stabilita, varia solo formulazione: polvere da sciogliere in borraccia oppure gel o barrette. Noi usiamo 1 borraccia con Isocarb C2:1PRO e una borraccia di sali, da scegliere a seconda dell’esigenza. Quando perdi più del 2% del tuo peso corporeo durante la gara, ne risente la performance. Per questo è importante assumere bevande isotoniche ricche in sali minerali: riducono il rischio di crampi e favoriscono una corretta reidratazione."

Dopo aver “goduto” della nuova linea C2:1PRO fin dai primi test, che feedback ci dai oggi, dopo mesi di utilizzo in gara?

"I nuovi prodotti piacciono a tutti, i Carbo Jelly in particolare sono davvero buoni. Come nutrizionista posso dire che la nuova linea ci sta aiutando molto. I corridori ne sono veramente contenti e gradiscono tutte le formulazioni, sia in termini di gusto che, soprattutto, per la possibilità di raggiungere facilmente quantità elevate di carboidrati senza nessun fastidio gastrointestinale." Pogacar testing C2:1PRO

Quali altri prodotti assumono i corridori, oltre ai classici carboidrati e proteine nelle diverse formulazioni?

"Omega-3 ogni giorno, magnesio, ferro, multivitaminico e tanti sali."

Cosa si mangia fra una gara e l’altra per recuperare le energie e non intaccare la performance?

"Quando parliamo di alimentazione nel ciclismo dobbiamo capire che tutto comincia dalla fase di recupero post gara. Il nostro recupero è basato su un rapporto 3:1 tra carboidrati e proteine. Tradotto in cibo, diventa e una cena che piace un po’ a tutti: riso, pasta, burrito e anche sushi!"  

Sfatiamo un mito:  birra dopo una vittoria di tappa?

"Mai! (sorride, ndr): lo ha inventato qualcuno a cui piace bere birra! Niente sgarri fino alla fine del Grande Giro! Solo dopo ci si potrà concedere un po' di libertà."

Quando si vincono tre grandi corse nel giro di poco tempo come è successo a Pogačar, c’è un dispendio energetico maggiore?

"Dipende sempre dal peso del corridore. Non si tratta di “quanto vinci” ma del dispendio di energia. Watt, peso, tipo di tappa e feedback dell’atleta sono i parametri sui quali costruire il piano nutrizionale. Parliamo di un corpo umano, non di un robot. Il dialogo continuo con l’atleta è importantissimo. Io posso fare una stima teorica del consumo, ma poi la calibriamo in base a quello che succede giorno dopo giorno in gara."

E a Tadej cosa piace di più?

"Un po’ tutto, ma apprezza particolarmente hamburger con patate al forno. Tadej mangia 400 g di patate con del pane o del riso. E poi, gli piace molto la barretta Crunchy al Cappuccino che prende sempre prima di partire. L’importante è calibrare quello che si mangia in base allo sforzo fatto. Variare menù aiuta l’aspetto mentale. Solo l'1% di corridori sceglie riso bianco e omelette tutti i giorni, ma sono scelte personali."

Parli spesso di “precisione”. Tra i corridori UAE c’è qualcuno preciso come te?

"Si, più di uno! Rafal, Wellens e Soler, per fare qualche esempio. In generale tutta la squadra è davvero attenta agli aspetti nutrizionali. Al giorno d’oggi si passa Pro a neanche 20 anni. I giovani di quest’età sono molto attenti sotto quest’aspetto. La performance generale è il risultato di tante cose, anche di questa attenzione ai dettagli."

Fino a che punto gli amatori possono ispirarsi alle strategie dei Pro?

"L’errore più comune degli amatori è non mangiare quando si allenano. Vogliono essere magri e pensano di poter pedalare 3 o più ore senza mangiare niente. O al massimo un gel. Per migliorare davvero, curare il recupero e non arrivare a casa con troppa fame, occorre essere precisi. Il mio consiglio è di allenare lo stomaco ad assorbire il quantitativo di carboidrati per ora richiesto dal proprio livello di attività. I vantaggi saranno indiscutibili." FONTE: https://www.enervit.com/it

Il Re dell’Ora

Dietro le quinte di un’opera d’arte, l’origine del ciclismo moderno

Il 23 gennaio 1984 un campione di 33 anni, che qualcuno aveva creduto a fine carriera, si presentò al Centro Deportivo Olimpico di Città del Messico, determinato a fare la storia. Francesco Moser, stella del ciclismo mondiale che, con 273 vittorie su strada da professionista, risulta a tutt'oggi il ciclista italiano con il maggior numero di successi, aveva vinto varie tappe al Giro e al Tour, tre edizioni della Parigi-Roubaix, due Tirreno-Adriatico e due titoli mondiali, su strada e su pista. Ma l'Ora era il suo sogno, il modo in cui aveva deciso di diventare leggenda. Per prepararsi al meglio si era affidato alla scienza, alla nutrizione e alla tecnologia. Aveva a sua disposizione tutta l’Equipe Enervit, che Paolo Sorbini, primo a concepire l’impresa, aveva messo insieme per abbattere il “muro” costruito, alle soglie dei 50 km orari, da Eddie Merckx. Sembrava un’impresa impossibile. Quando la lucida follia di una mente geniale e il cuore di un super atleta si uniscono, anche i muri possono cadere. Come ricorda il campione, “Mi accennò l’idea durante il giro d’Italia dell’83, ne riparlammo in un incontro alla fine della corsa a tappe. Paolo Sorbini ci credeva e il suo entusiasmo mi convinse». Per mesi Francesco seguì il piano nutrizionale e di allenamento messo a punto dall’Equipe Enervit, diretta da Enrico Arcelli, della quale facevano parte, tra gli altri, Aldo Sassi (preparatore atletico), Ferruccio Ferrario (TestEquipe) e Antonio Dal Monte (ruote lenticolari e posizione sulla bici). embre Moser si era trasferito in Messico con tutta la famiglia, per la delicata fase di acclimatamento, fattore chiave, sottovalutato undici anni prima da Merckx. Molte le innovazioni a sua disposizione. Furono messi a punto il TestEquipe, il primo vero cardiofrequenzimetro da polso, e un telaio da bici che privilegiava stabilità e rigidità rispetto al peso, vennero create le mitiche ruote lenticolari, per fendere meglio il vento, e fu realizzato uno speciale manubrio a corna di bue, che obbligava il campione alla posizione di massima aerodinamicità. Tutto ciò grazie anche all’ottimo lavoro della Cicli Moser. Ricorrendo al monitoraggio dei dati acquisiti su un “potente” computer Olivetti, e incrociando velocità critica, frequenza cardiaca e soglia di potenza aerobica, venne identificato il momento esatto in cui gli atleti iniziano ad affaticarsi e, per la prima volta della storia del ciclismo, venne applicato il test Conconi. Fu, infine, studiato il ruolo dei carboidrati e delle proteine a sostegno delle performance atletiche. Sembra incredibile, ma fino a pochi anni prima la colazione pre-gara era costituita da grandi bistecche e il regolamento delle corse a tappe vietava espressamente di rifornire i corridori in corsa. Anche perché, si credeva, bere avrebbe “tagliato le gambe” anche al ciclista più forte. Il 19 gennaio era previsto solo un allenamento, ma dopo il riscaldamento l’Equipe Enervit intuì che il campione, che avrebbe dovuto aspettare l’arrivo di un folto gruppo di tifosi dall’Italia, aveva i giri giusti. Venne dato l’input di continuare a forzare e il muro crollò. Record alla velocità di 50,808 km orari. Ma i tifosi non potevano essere traditi: Moser decise di provarci ancora, questa volta per superare se stesso. La mattina del 23 gennaio, alla quota di 2777 metri, la temperatura era di 20° e l’umidità al 50%: le condizioni perfette. Francesco iniziò a spingere con regolarità il “rapportone” da 56x15 e lasciò fluire le gambe, mantenendo un ritmo che niente sembrava poter turbare. Il cronometro segnò il nuovo record: 51,151 km orari. Il pubblico impazzì. La rivoluzione era compiuta. Il Record dell'Ora del 23 gennaio 1984 segnò la nascita del ciclismo moderno. Enervit e Moser dimostrarono che la bicicletta non è solo uno strumento meccanico, ma può diventare un’opera d'arte, frutto di innovazione e ricerca. Le innovazioni di allora sono ancora, dopo 40 anni, validissime e modernissime e hanno alimentato, e alimentano ancora oggi incredibili emozioni. Moser fu il primo a oltrepassare il limite dei 50 chilometri e, soprattutto, a far sognare i tifosi di tutto il mondo. Francesco Moser divenne il Re dell'Ora e lo sarà per sempre. FONTE:https://www.enervit.com/it

Alimentazione pre workout: cosa mangiare

Allenarsi a stomaco pieno o peggio allenarsi dopo aver ingerito un pranzo completo e pesante è folle e sbagliato esattamente come affrontare lo sforzo fisico a digiuno. Per questo esiste un piano di calorie e di cibi adatto ad ogni fase della giornata di uno sportivo. Addirittura esiste l’alimentazione specifica per prima dell’allenamento e quella per i momenti successivi. Due diete  completamente diverse e con differente efficacia sul fisico.

Pasti e tempi di digestione

Anche se un pasto è molto leggero, deve essere assimilato dal corpo prima di iniziare a fare sport. Durante la digestione, di qualsiasi cibo, l’attività sportiva può diventare pericolosa. Dunque prima del vostro workout stabilite i tempi per i pasti e assicuratevi di mangiare con largo anticipo, così da non arrivare in palestra in fase digestiva. L’ideale sarebbe circa tre o quattro ore prima. A seconda dell’orario in cui vi recate in palestra per il workout, poi, dovrete stabilire quali pasti assumere e le quantità. Se siete abituati a fare spuntini ma vi allenate alle 10 del mattino o alle 17 magari evitate, recupererete questi piccoli pasti durante quelli più grandi. Se andate in palestra alle 9 del mattino, fate colazione almeno alle 6. Se vi allenate di sera cenate molto prima o subito dopo il workout.

Prima del workout ok all’energia

Prima di iniziare un allenamento vi serve molta energia. E non importa se c’è qualche caloria in più, perché andrà bruciata. I cibi ideali da consumare prima del workout saranno: cereali, frutta, alcuni tipi di zuccheri, alcuni tipi di carboidrati. Le quantità o le tipologie di questi alimenti cambia a seconda del tipo di allenamento che farete e anche dai condimenti – ad esempio se c’è olio o troppo zucchero o sale. Ecco nello specifico cosa conviene consumare prima del workout.

Prima del workout di potenza

Se fate un allenamento per sport di potenza (body building, boxe, alcune discipline di atletica leggera come i 100 metri, gli ostacoli, i salti…) l’alimentazione prima dello sforzo fisico deve consistere in:
  • frutta fresca con poco latte, magari in forma di frullato;
  • panino con prosciutto o bresaola, poca insalata e una spremuta;
  • pane integrale con salumi magri e uno yogurt;
  • pasta con condimenti semplici e leggeri (se mangiate con largo anticipo).
Questi alimenti favoriscono la forza di scatto, permettono di bruciare grassi velocemente e non fanno sentire appesantiti prima della prestazione.

Prima del workout di resistenza

Se al contrario dovrete affrontare un allenamento di lunga resistenza, vi servirà forza da distribuire nel tempo. In questo caso potrete permettervi di consumare, prima del workout:
  • banana oppure yogurt, meglio se yogurt greco;
  • gallette di riso e poca marmellata con acqua;
  • pranzo o cena a base di legumi con una spremuta fatta in casa;
  • frutta secca e poco miele.
L’effetto che deve avere questa alimentazione sul vostro fisico è farvi arrivare leggeri all’allenamento ma con ancora molto da bruciare, perché dovrete affrontare uno sforzo prolungato senza mai sentirvi sfibrati. Questa dieta è ottima per chi pratica sport di squadra come calcio, rugby, basket, volley ma anche per discipline di atletica come maratona, 3000 siepi. Oppure per le discipline aerobiche come la Funzionale, il Crossfit, lo Zumba.
FONTE: https://www.mondofitnessmagazine.it/alimentazione-pre-workout-cosa-mangiare/

Cinque motivi per cui non dimagrisco

Da domani mi metto a dieta!”. Chi non l’ha mai detto? Poi succede che.. i risultati non sono sono quelli sperati.. all’inizio si perde peso, ma dopo ci si “blocca”.. la perdita di peso tarda a presentarsi.. e ci scoraggiamo.. Queste situazioni sono molto comuni e collegate tra loro. E spesso, conducono ad un circolo vizioso di insoddisfazione e stress da cui non riusciamo più ad uscire. La prima cosa da fare? Non avere fretta, perché è la prima nemica di un dimagrimento duraturo. Il secondo passo è considerare che perdita di peso e dimagrimento non sempre sono sinonimi. Nel primo caso la bilancia mostra che abbiamo perso qualche chilo, ma non sappiamo "di che cosa" (spesso sono liquidi…), mentre solo nel secondo diminuisce la massa grassa. Bene direte voi, ma perché è così difficile dimagrire? Ecco 5 motivi che forse non avete mai considerato.

La dieta me la faccio io

Mangiare poco, saltare i pasti, pranzare o cenare solo a base di frutta.. sono tutti esempi di “diete fai da te” utilizzate comunemente quando si cerca di perdere peso. Ecco, non c’è niente di più scorretto. Per due motivi:
  • inizialmente (forse) si perderà peso, ma la sensazione di fame sarà costante;
  • arriverà presto il momento in cui non perderemo più un grammo.
In questi casi si perde solo la massa muscolare: il nostro organismo, messo in allarme, risponde riducendo il metabolismo basale. In pratica attiviamo una sorta di "economy mode" che ci induce a consumare meno calorie per le nostre attività vitali. La consequenza? Dimagrire diventa ancora più difficile. La soluzione? Tornare a introdurre in ogni pasto una quota di proteine, perché:
  • alimentano i nostri muscoli e aumentano la termogenesi indotta dagli alimenti (ovvero, il nostro organismo consuma più energia, anche quando siamo a riposo);
  • sono “stabilizzatori della fame” e inducono maggiore sazietà nelle ore successive al pasto.

Sono sempre stressato

Ormai è noto: lo stress aumenta la produzione dell’ormone cortisolo, un “amico-nemico”. “Amico”, perché, in correlazione con l’insulina, contribuisce a controllare i livelli di glucosio nel sangue. “Nemico” proprio perché, se prodotto in eccesso, stimola l’afflusso di zuccheri nel sangue. Qui iniziano i guai, perché, fino a che ci sono zuccheri in circolo, il nostro corpo non andrà mai ad attingere energie dai grassi, anzi trasformerà l’eccesso di zuccheri in ulteriore riserva di grasso. La conseguenza? L’aumento del grasso viscerale a livello dell’addome (pancia e fianchi), il più pericoloso per la salute. Come possiamo giocare d’anticipo? Due sono le risposte corrette:
  • Fare moderata attività fisica, che, a parte i vantaggi più noti, abbassa i livelli di stress;
  • bilanciare correttamente carboidrati e proteine nei nostri pasti, per stabilizzare i livelli di cortisolo.

Dormo poco e male

Nel percorso verso un dimagrimento reale e duraturo, sonno e livelli ormonali coesistono in un delicato equilibrio, spesso sottovalutato. Vari studi hanno confermato l’influenza del sonno sulla regolazione endocrino-metabolica e sull’obesità. Dormire poco (meno di 6 ore) altera i livelli di grelina leptina, gli ormoni che regolano le sensazioni di fame e sazietà. Una produzione eccessiva di  grelina (l’ormone che “accende la fame”), ci indurrà ad una perenne ricerca del cibo. Un calo della leptina (l’ormone, prodotto dagli adipociti, che regola l’appetito) ridurrà la sensazione di sazietà dopo i pasti. Sempre collegata alla qualità del sonno è l’adiponectina, una specie di “angelo custode”. Tale ormone (anch’esso prodotto dagli adipociti) migliora la sensibilità all’insulina e contrasta l’accumulo dei grassi. Un buon sonno (le “canoniche” 8 ore) regola i livelli di adiponectina, che a sua volta favorisce il dimagrimento e il mantenimento della massa muscolare, e  ostacola i processi infiammatori.

Trascuro il mio intestino

L’intestino, da molti definito il nostro “secondo cervello”, e in particolare il “microbiota” (i miliardi di micro-organismi presenti nel tratto intestinale), hanno un ruolo chiave. Oltre a regolare il metabolismo, ci aiutano ad assorbire i nutrienti dagli alimenti, arrivando ad influenzare il nostro peso corporeo. Studi recenti, infatti, hanno ipotizzato una correlazione tra il microbiota e la capacità di perdere peso. Ricercatori dell’Università di Washington hanno scoperto che specifici batteri intestinali “buoni” (genere Prevotella) aiutano a produrre livelli elevati di acidi grassi a catena corta, sostanze note per ridurre l’infiammazione e, di conseguenza, favorire la perdita di peso. Per prenderci cura del macrobiota la soluzione è a portata di mano: inserire nei nostri pasti una quota importante di verdure, cereali integrali e frutta, tutti alimenti ricchi in fibre. In caso di ridotto apporto, una soluzione pratica è rappresentata dal ricorso a integratori di polifenoli, in particolare le delfinidine.

Mi muovo poco

Parola d’ordine: muoviamoci! Se la fretta non aiuta il dimagrimento, ancora più dannosa è la pigrizia. Secondo le linee guida della SIO (Società Italiana Obesità) e dell’ADI (Associazione Dietetica Italiana) per prevenire l’aumento di peso un adulto, oltre a seguire una dieta bilanciata, dovrebbe dedicare almeno 150 minuti a settimana ad attività fisica aerobica ad intensità moderata (camminata, corsa, bici, nuoto, ecc.), da praticare per almeno 10 minuti consecutivi, aumentandoli gradualmente. Per migliorare la velocità e la qualità del dimagrimento, il lavoro aerobico può essere integrato con un’attività anaerobica di potenziamento muscolare (esercizi in palestra o a corpo libero). Con l’incremento della massa muscolare, il metabolismo basale aumenta in maniera importante, così come il consumo delle calorie consumate a riposo.

Cinque motivi. Una soluzione

Affrontare queste cinque “situazioni” non è impossibile, e i vantaggi sono enormi. Esiste uno stile di vita e di alimentazione, la Dieta Zona, che offre una risposta coerente a tutte queste condizioni:
  • È basata su un preciso bilanciamento di carboidrati, proteine e grassi (rispettivamente il 40% - 30% - 30% delle calorie assunte in ogni pasto);
  • riduce i livelli di stress, anche attraverso pratiche come lo yoga;
  • promuove un sonno di adeguata durata e qualità;
  • contribuisce a proteggere il microbiota intestinale, riducendo i livelli di infiammazione;
  • è associata ad un’attività fisica moderata e costante.
Un dimagrimento ottimale e duraturo è a portata di mano. FONTE:https://www.enervit.com/it/cinque-motivi-per-cui-non-dimagrisco?
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